La scelta di improntare la propria dieta al consumo di frutta, verdura, carne, latte, formaggi e altri alimenti biologici, nella convinzione che questi prodotti offrano vantaggi nutrizionali, è spesso da più parti contestata. Rimbalzano periodicamente sui media notizie secondo le quali preferire il biologico equivale solo a spendere di più, senza che ci siano benefici degni di nota per la salute.
In realtà, ai detrattori del biologico sfugge da sempre un primo, fondamentale dato: al di là di ciò che di utile i cibi biologici possono contenere, mangiare bio riduce al minimo l'assunzione di residui chimici indesiderati e nocivi. Come abbiamo visto nell'articolo dedicato agli alimenti biologici, la legislazione comunitaria in materia impone infatti agli agricoltori biologici restrizioni pressoché assolute circa l'impiego di pesticidi, diserbanti e fertilizzanti di sintesi e vincola gli allevatori a limitare drasticamente il ricorso a metodi e sostanze (tra cui ormoni e antibiotici) tesi a forzare la crescita e la produttività degli animali.
Acquistare e mettere in tavola cibi biologici significa quindi in primo luogo diminuire il rischio di farsi del male, soprattutto se consideriamo che sono sempre più numerose le ricerche che collegano l'esposizione persino a basse dosi di fitofarmaci usati in agricoltura all'insorgenza di malattie anche gravi, come morbo di Parkinson, disturbi dello sviluppo sessuale negli adolescenti, alcune forme di cancro quali il linfoma, depressione e diverse altre patologie.
C'è però una ragione altrettanto importante per preferire il comparto alimentare biologico a quello tradizionale: i prodotti ottenuti con sistemi di coltivazione biologica contengono una quantità di antiossidanti di gran lunga superiore rispetto ai loro omologhi non biologici. A dimostrarlo sono le conclusioni di una metanalisi appena pubblicata sul British Journal of Nutrition che ha preso in esame i risultati di ben 343 studi precedenti sull'argomento.
In particolare, nei vegetali di provenienza biologica si riscontrano concentrazioni doppie di antocianine, i pigmenti che conferiscono a frutti e ortaggi quali ciliegie, mirtilli, melanzane il caratteristico colore rosso-violaceo e a cui si deve la capacità di contrastare lo stress ossidativo alla base di invecchiamento, patologie cardiovascolari, malattie neurodegenerative e cancro.
E, ancora, nelle colture biologiche i flavanoni compaiono in quantità superiori del 69%. Si tratta di flavonoidi con spiccate proprietà antinfiammatorie e antitumorali, presenti specialmente negli agrumi. Raggiungono invece quantitativi del 28% maggiori gli stilbenoidi, come il resveratrolo, che si trova soprattutto nella buccia, nei semi e nella polpa dell'uva nera e che ha qualità anti-aging e fluidificanti del sangue.
Esempi specifici a parte, frutta, verdura e cereali di agricoltura biologica offrono quasi fino al 50% in più di micronutrienti antiossidanti - inclusi vitamine e minerali - dei loro corrispettivi non biologici.
Come era prevedibile, la ricerca apparsa sul British Journal of Nutrition ha anche confermato che gli alimenti biologici presentano meno residui di metalli pesanti e altre sostanze nocive. Le tracce di cadmio, un minerale altamente tossico che si deposita nel terreno a seguito dell'utilizzo di concimi a base di fosforo, sono inferiori del 48%, mentre più bassi rispettivamente del 30% e dell'87% sono i livelli di nitrati e nitriti, composti azotati utili alla crescita delle colture, che vengono aggiunte ai fertilizzanti e risultano potenzialmente pericolosi per l'uomo.
Pertanto, se prevedere nella propria dieta quotidiana abbondanti porzioni di frutta e verdura e preferire i cereali integrali a quelli raffinati rappresentano già ottime abitudini alimentari, consumare prodotti biologici aumenta significativamente le possibilità di mantenere e migliorare il proprio benessere.
Le evidenze scientifiche che sanciscono la superiorità nutrizionale e salutistica degli alimenti biologici sono nette. Speriamo finalmente di non dover più assistere alle alzate di scudi di quanti si affannano a sostenere (chissà quanto disinteressatamente) la sostanziale equivalenza tra la produzione agroalimentare tradizionale e quella di provenienza bio. Un'equivalenza, come si è visto, che non c'è.
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