L'irvingia (Irvingia gabonensis), anche chiamata ogbono o mango africano, è una pianta il cui frutto carnoso e i semi polverizzati vengono utilizzati nella preparazione di diversi piatti tipici della cucina di Camerun e Nigeria. Da noi l'irvingia non è ancora particolarmente nota né diffusa, in particolare sotto il profilo salutistico, anche se molti consumatori hanno letto su internet delle capacità di questo rimedio naturale di facilitare la perdita di peso.
Che cosa c'è di vero? Alcuni studi scientifici relativamente recenti hanno analizzato le proprietà dell'invirgia, evidenziando che i semi di questa pianta sono efficaci nel dimagrimento. L'estratto di Irvingia gabonensis somministrato due volte al giorno ha manifestato effetti sia nella riduzione di peso, massa grassa e circonferenza corporea, sia nel miglioramento di vari parametri metabolici associati alla resistenza insulinica e caratteristici della sindrome metabolica.
L'azione dell'irvingia sembra particolarmente interessante, perché si esplica su fattori quali leptina, adiponectina e infiammazione, che rivestono un ruolo fondamentale nel dimagrimento (e non solo). La leptina è un ormone prodotto dagli adipociti, implicato nella regolazione del senso di fame e dei consumi metabolici. Le persone in sovrappeso sono soggette a fenomeni di leptinoresistenza: le cellule non rispondono più bene all'azione della leptina, un po' come avviene per l'insulina nella resistenza insulinica. L'irvingia migliora la sensibilità alla leptina, modulando l'appetito e attivando il metabolismo.
Irvingia gabonensis aumenta inoltre i livelli di adiponectina, anch'esso un ormone secreto dal tessuto adiposo, che, tra i suoi effetti, contrasta anche l'insulinoresistenza.
Uno studio sull'irvingia svolto nel 2005 dall'Università di Yaounde in Camerun ha attribuito i suoi benefici all'alto contenuto di fibra. Questa ricerca, condotta in doppio cieco e controllata con placebo, ha dimostrato che i volontari che avevano assunto 350 milligrammi di estratto di semi di Irvingia gabonensis tre volte al giorno per un mese hanno perso più del 5% del peso corporeo, con una significativa riduzione della circonferenza di vita e fianchi, in confronto a poco più dell'1% perso dal gruppo di controllo.
Altri risultati di questo studio sembrano per certi versi anche più interessanti: nei soggetti che avevano assunto l'irvingia si è persino verificata una consistente diminuzione dei livelli di colesterolo totale (39,21%), di colesterolo LDL (45,58%) e di trigliceridi (44,9%) e un incremento del colesterolo "buono" HDL (46,85%). Nessun soggetto del gruppo di controllo ha invece manifestato questi miglioramenti del profilo lipidico. Come altre fibre solubili, le fibre dei semi di irvingia possono infatti legarsi agli acidi biliari nell'intestino e veicolarli all'esterno dell'organismo con le feci, fenomeno che promuove nel corpo un incremento della conversione di colesterolo in acidi biliari e un conseguente abbassamento dei valori lipidici nel sangue.
Ma ulteriori studi della stessa università, in particolare una ricerca su Irvingia gabonensis del marzo 2009, hanno dimostrato che i benefici effetti di questa pianta non sono da attribuire al solo contenuto in fibre, bensì, come dicevamo, anche e soprattutto alla sua azione su adipochine quali leptina e adiponectina.
Questa ricerca, anch'essa condotta in doppio cieco contro placebo, ha coinvolto 120 volontari, sia uomini che donne, di età compresa tra i 19 e i 50 anni, per un periodo di 10 settimane. Una parte di loro ha assunto un placebo, l'altra 150 milligrammi di un particolare estratto di semi di Irvingia gabonensis (IGOB131). L'IGOB131 ha ridotto significativamente il peso corporeo nei soggetti obesi e in sovrappeso - in alcuni casi, anche di 12 chili -, con un impatto positivo su diversi parametri metabolici. Questo estratto ha mostrato di incrementare i livelli di adiponectina e di diminuire quelli di leptina e di proteina C reattiva (un indice del livello di infiammazione nell'organismo).
I principi attivi dell'IGOB131 non sono ancora stati completamente identificati, ma sembra probabile che si tratti di polifenoli come l'epigallocatechingallato del té verde, un antiossidante che ha azione antiobesità e di miglioramento dei disordini metabolici.
L'assunzione di irvingia è stata ben tollerata. Gli effetti collaterali e le reazioni avverse manifestate da alcuni volontari nel corso della ricerca (cefalea, flatulenza e difficoltà del sonno) non sono da ritenersi significative, dal momento che la loro incidenza è stata simile nel gruppo trattato con placebo.
Insomma, l'irvingia sembra essere un fitoterapico davvero interessante nelle situazioni di sovrappeso, obesità, iperlipidemia e insulinoresistenza, ma gli stessi ricercatori sottolineano che il suo impiego dev'essere considerato un tassello all'interno di un più ampio e strutturato trattamento della gestione del peso e non un sostituto della corretta alimentazione e dell'attività fisica.
Anche perché non si può certo pensare di assumere irvingia (o qualunque altro prodotto) a vita: finito il trattamento con irvingia, se nel frattempo non ne abbiamo approfittato per correggere errori e cattive abitudini, siamo destinati entro breve a ritrovarci oversize. Perché, come sa bene chi ha provato a dimagrire, non è difficile tanto perdere peso, quanto mantenere nel tempo i risultati conseguiti. E ciò avviene solo introducendo validi e sani correttivi nella quotidianità.
Non siamo in ogni caso a conoscenza di aziende che in Italia abbiano già messo in vendita Irvingia gabonensis. Al momento, quindi, chi vuole acquistare gli estratti di irvingia deve affidarsi a internet, con tutte le incertezze che il commercio on line può comportare.
A chi desidera perdere peso consigliamo di rivolgersi a siti seri e affidabili. Noi abbiamo scelto Macrolibrarsi, che mette a disposizione molti altri utili rimedi naturali per dimagrire, tra cui quelli che riportiamo di seguito.
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