"E' successo. Si va avanti". Queste due frasi arrivano sul finire del racconto-intervista a Giulia Ghiretti, trasmesso da Rai 3 durante un'anteprima del programma "Insuperabili", a pochi giorni dalla sua partenza per Rio. In Brasile Giulia, 22 anni, gareggia nelle paralimpiadi, forte delle medaglie che ha già ottenuto in passato. E non compete per la ginnastica, la disciplina in cui si è formata, ma nel nuoto, quella che ha scelto per reinventarsi.
A 15 anni, una caduta durante un allenamento priva Giulia dell'uso delle gambe. Improvvisamente entra nella vita tutto il peso dell'irreversibile. E' uno di quei momenti in cui l'impossibilità di tornare indietro, di disfare il fatto, si impone con brutalità, sbriciolando tutti gli esorcismi che nel nostro affannarci quotidiano ci illudiamo di costruire. E' successo, appunto.
Dal limite al suo superamento creativo
In questo strappo, nello spazio vuoto tra il prima e l'adesso, Giulia scopre però "nuovi modi per fare le cose".
Il nuoto diventa il canale in cui torna a esprimersi la passione per la sfida, con un accento diverso e un diverso sapore. Perché nell'acqua, dice la nuotatrice, "non bisogna stare seduti". Ecco che, allora, si va avanti.
Ai fatti, che non sono modificabili, l'uomo oppone il suo potere di trasformarsi e di evolvere, modellando nuove risposte quando cambiano le condizioni di contesto.
Il confronto con quel che è stato diventa così la premessa per decidere come agire nel presente e di qui prendere lo slancio verso il possibile, in un'apertura al domani che sa far convivere la concretezza con l'entusiasmo.
La vicenda e le conquiste di Giulia, come quella delle altre tre atlete protagoniste dello Speciale di Rai 3, testimoniano indubbie caratteristiche personali, a cui va reso il giusto merito. Tuttavia nella voglia di vivere e di vincere (per citare Alessandro Zanardi, un altro grandissimo campione paralimpico) comune a queste persone si può leggere una traccia che trascende il portato individuale.
C'è un messaggio in grado di restituire fiato e voce alla capacità di recupero, di evoluzione e persino di autoguarigione che risiede, in potenza, in ognuno di noi.
L'incidente può compromettere una o più funzioni, magari arriva a danneggiarle seriamente o addirittura definitivamente, ma non vale a estinguere la spinta verso la salute che pulsa nell'organismo finché questo è in vita.
Corpo e mente possono indebolirsi nella malattia ma, come scriveva Oliver Sacks, l'indimenticato neurologo autore di "Risvegli", c'è sempre "una reazione che tende a ristabilire, a sostituire, a compensare". Consapevolmente sfruttata, questa forza diventa la migliore alleata di un percorso di cura o di recupero.
Allenarsi a valorizzare ciò che funziona
Non occorre essere sportivi pluripremiati perché l'impulso a ricostruirsi trovi la sua via. Lo stesso Sacks racconta di un uomo che utilizzò l'esperienza di falegname per progettare a 90 anni lo strumento (un paio di occhiali) con cui contribuì a correggere la propria postura, intaccata dal morbo di Parkinson.
E a ben guardare, le storie della maggior parte di noi offrono parecchi esempi, più modesti forse ma non meno significativi, di questa tensione interna a realizzarsi, capace di sopravvivere a tanti urti e a tante ferite.
Non si vuole con questo minimizzare l'impatto della malattia o della fatalità, che resta complesso da gestire e può essere durissimo da sopportare. L'invito è piuttosto a disincagliare l'attenzione dai limiti per orientare lo sguardo verso le risorse.
Serviranno lavoro e amore, i rimedi di freudiana memoria. Nei momenti difficili dovremo sforzarci di coltivare il positivo, con quel connubio di disciplina e dedizione che impegna l'atleta nell'attività fisica.
Avremo bisogno di tenacia e di passione per costruire, come il paziente di Sacks, i nostri personalissimi sostegni. E magari il supporto più efficace per noi non avrà nemmeno la consistenza rassicurante della materia. Sarà comunque lo strumento (o il talento) che ci aiuterà ad amplificare, mantenere o riattivare le nostre potenzialità di salute. Nel senso più ampio e più vero.
Articolo di
dottoressa in filosofia, counselor e professionista della comunicazione sui temi della salute naturale.
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